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La storia di BuckALASKAN MALAMUTE STORIA DI BUCK

 

E’ luglio, fa un caldo tremendo. Insieme alla mia famiglia finalmente ci siamo trasferiti nelle nuova casa, un casolare di campagna ristrutturato come ci è stato possibile, in una zona collinare della Romagna. Siamo tutti entusiasti di vivere questa nuova vita all’aria aperta. La prima  notte è stata lunghissima, con le cicale che cantano a squarciagola e le rane del lago che pare rispondano alle stesse. Strani versi di uccelli mai sentiti si intrecciano poi, verso mattina, il gallo la fa da padrone e con lui si risvegliano anche tutti i cani del vicinato, pronti ad essere sfamati dai loro padroni.

Tutto procede bene, i giorni passano, e uno di questi, mentre siamo a tavola, mio marito (persona dotata di grande carattere e determinazione) mi guarda e mi  dice: “Stavo pensando… se prendessimo un cane ?”. Prima abitavamo in un appartamento a fianco dei miei genitori e loro avevano una bellissima meticcia, Tekla, (papà pastore tedesco, mamma un Husky) e lei ci riempiva la giornata con il suo affetto. Giorgio (mio marito) ha sempre avuto fin da piccolo il cane in famiglia, ma con Tekla aveva instaurato un rapporto speciale: pareva quasi che si capissero.

I figli sono entusiasti della decisione del padre: “Quando andiamo a prendere il cane?”, chiedono, quindi tutto sembra a posto. La più titubante sono io, (mi riempio la testa di problemi su tutte le cose che si devono affrontare), e incomincio con un monologo: “Ma sapete che un cane se si prende va custodito come una persona, nel senso che deve essere educato, rispettato, deve essere pulito, deve essere curato se necessita, portato dal veterinario, farlo correre… occorre sapere che quando si va in vacanza c’è anche lui…..ma qualcuno mi ascolta?”.

”Papà quando andiamo a prenderlo?”. Ok d’accordo, ci sto mi avete convinta!

Il giorno seguente comincio a pensare:”… un cane…un cane… un cane…vaga questa parola… cane grande, cane piccolo, cane da guardia, cane da caccia, cane buono, cane aggressivo…e più ci penso e più me ne vengono in mente. Ne parlo con Giorgio, siamo tutte e due per una taglia grande.

Non mi passava nemmeno per l’anticamera del cervello che voleva anche un cane di razza; invece è così, lui, come si è scelto la moglie, l’auto, la moto ed il lavoro vuole anche scegliere un cane di razza, (per quanto egoistica la cosa, ci  passo sopra senza ribattere). Bene, un cane taglia grande e di razza, quindi cominciamo a guardarci un po’ attorno, ma ci sono ancora tante cose da valutare. Poi un giorno arriva a casa dal lavoro, e mi dice: “prendiamo un’Alaskan Malamute”. Già il nome Alaskan mi fa venir in mente l’Husky, per l’amor di Dio, penso, noi abitiamo in aperta campagna, il proprietario che ci aveva dato la nostra Tekla ribadiva sempre quanto era problematico possedere un Husky, non ubbidiva, cercava sempre di fuggire, cacciava tutto ciò che si muoveva per non parlare dei danni causati agli orti e agli animali da cortile dei vicini. Non mi sembrava il caso di prendere un cane con queste caratteristiche, per poi doverlo tenere chiuso in box a vita. Meglio lasciarlo dove la natura lo esige…in Alaska….

ALASKAN MALAMUTE STORIA DI BUCK“Ma tu sai cos’è, com’è fatto un’Alaskan Malamute? ”Mi precipito sul computer, digito questo nome strano, mai sentito pronunciare, e mi si apre una schermata con una foto di un’esemplare di una bellezza, una possanza, una maestosità mai viste prima. Mi leggo tutto in un batter d’occhio. Di primo impatto da quello che scrivono pare non sia poi così ribelle, ma devo saperne di più, molto di più. La cosa mi interessa in modo particolare, e passo tutto il pomeriggio e parecchie ore della notte a cercare di carpire tutto ciò che trovo su questa razza. La sua storia è a dir poco affascinante. Il suo Standard anche (nemmeno sapevo che esistesse), e mi studio tutte quelle parole che   indicano le parti del corpo.

Sembra fatta, lui è il cane che cercavamo, con la sua personalità, la sua intelligenza, il suo rapporto speciale con il “branco umano” e la sua determinazione.

Il mattino seguente chiamo Giorgio già al lavoro da parecchie ore e gli dico: “Tu non vuoi un cane, vuoi un lupo!”. ”Proprio così”, risponde lui,” un po’ lupo un po’ cane. I cani so già come sono, ne ho avuti parecchi, ma un lupo no, e sento che lui ci darà forti emozioni. Ancora non lo conosco, ma è lui che voglio e sarà lui a riempire le nostra vita. Come Tekla faceva e fa quando ci vede o ci sente arrivare. Tu non hai capito, ma in lei c’è un qualcosa di speciale che mi fa amare la sua testardaggine la sua determinazione: il fatto, per esempio, di non volere fare tutto ciò che gli si impone. Non ti fa pensare che sia un’animale che ragiona, che decide se ciò che gli chiedi sia giusto o sbagliato da sola?”. ”Veramente”, dico io, ”a me fa rabbia quando non mi ubbidisce…”. ”Sbagli. Lei non ubbidisce perché pensa che in quel momento non sia giusto ubbidire, quindi tanto di cappello. Lei sì che ha carattere!”

Detto ciò, mi prendo giù un paio di numeri da poter contattare e incomincio a chiamare qualcuno. Tutti pare abbiano disponibili cuccioli, e per chi magari in quel momento non ne ha sembra non sia un grosso problema, ci saranno al più presto in base alle prenotazioni, come quando compri un’auto: se non c’è, la ordini. Per il momento nessuno da spiegazioni o risposte alle mie domande sulla tipologia caratteriale dell’animale. Mi dicono invece di vederli prima, e io so già che se li vedrò metterò da parte il resto e si farà invece avanti la tenerezza. Di fronte ad un cucciolo chi può resistere? Io no, tanto meno i bambini.

E’ già settembre inoltrato. Un sabato Giorgio mi comunica che deve recarsi per lavoro dalle parti di Modena e mi viene in mente che in quella zona c’è un Allevamento di Alaskan Malamute. Così contattiamo l’Allevatore, e lui ci dice di passare quando vogliamo. Sarebbe stato solo un piacere conoscere nuove persone che volevano sapere di più su quella razza. Strano,  tutti esigono un appuntamento, noi nemmeno sappiamo se ha cuccioli disponibili… non fa niente. Intanto abbiamo trovato qualcuno disposto a parlare e magari a farci vedere qualche cagnone dal vivo. Entusiasti, partiamo, e lungo il tragitto l’argomento è sempre quello, il Malamute.ALASKAN MALAMUTE STORIA DI BUCK

Arrivati nel cortile dell’allevamento, c’è un bimbo che ci guarda da dietro un carretto. Scendo, lo saluto e gli chiedo se c’è il papà o la mamma. Lui con un balzo urla a squarciagola: “Papà ci sono dei signori!”, e dal campo di viti si sente un “Arrivo subito!”. A quella risposta si scatena una serie di ululati provenienti dal retro dell’abitazione a dir poco rintronante: i cani avevano sentito la voce del padrone. Il signore arriva, e ci dice di far un giro tra i box dei cani mentre lui va a prendere le chiavi di casa. Detto fatto: mio marito si precipita in mezzo a quella passerella di box dove i cani ululano e si alzano in piedi appoggiati alle porte. Io stento un po’; sono così grandi, hanno una voce che rimbomba nelle lamiere di ferro, mi faccio forza. Sono troppo emozionata, entro in mezzo a loro e  mi fermo davanti ad un cane. Lui mi fissa, io non so come comportarmi, cerco di non guardarlo negli occhi ma pare che lo sguardo sia magnetico. Mi prende in una maniera strana, rimango là imbalsamata davanti a questo esemplare, fino a quando il bimbo di prima mi dice: “Questo è il mio cane, ti piace?”. Tento di parlare, ma la voce non esce; faccio un bel respiro, tolgo lo sguardo da quella creatura affascinante e mi limito a rispondere: “Complimenti, sei fortunato ad avere un così bel cagnone!” Il signore ritorna, ci presentiamo, si mette a parlare del lavoro che stava svolgendo nei campi con mio marito, io invece seguo con lo sguardo il bimbo che si dirige dietro una casetta di legno. Si intravedono altri box, sento uggiolare, la curiosità è più forte di me. Seguo il bambino..e cosa vedo? un gruppo di cuccioli che si saltellano addosso per farsi spazio in modo da poter prendere qualche coccola dal bimbo. Lui mi dice che sono 9, 5 femmine e 4 maschietti, sono da poco stati separati dalla mamma per lo svezzamento, sono tutti bellissimi, piccoli Trudy che si muovono.

Giorgio mi chiama, vuole che li raggiunga in casa per discutere alcune cose, io non gli dico nemmeno dei cuccioli, e  rimango senza parole. Ci sediamo e Carlo (l’allevatore) ci parla in modo chiaro e senza mezzi termini di come sia particolare questa razza, della loro indole un po’ selvaggia, della muta, dell’addestramenti di base, della differenza tra maschio e femmina, del rapporto cane-uomo. Fino ad ora ci ha fatto presente solo i lati “impegnativi” della razza. Che strano, altri mi descrivevano cani bellissimi, figli di Tizio e Caio, famosi campioni, mentre questa persona mi fa presente per ora solo le attenzioni che la razza richiede”. Dopo una lunga chiacchierata fra Giorgio e Carlo (io sono rimasta  sempre silenziosa ed attenta) quest’ultimo chiede di seguirlo ai box, e ci tira fuori una “sfilata” di esemplari che a guardarli mozzano il fiato. La loro possanza, la loro supremazia non ha parole. Guardo Giorgio e con un filo di voce gli dico: ”Ho visto i cuccioli”. Lui si gira e mi dice di averli visti anche lui; ci avviciniamo di nuovo a loro, sono tutti lì in piedi aggrappati alle sbarre del box, Carlo mi dice di non poterli liberare perché non sono ancora stati sverminati, quindi per precauzione non possono venire a contatto con altri animali. Sono così innocenti.

Ci spiega che quella gran bella cucciolata, di appena 30 giorni, sta crescendo benissimo. Sono tutti ben nutriti, vispi ed in salute. Allora cosa stiamo aspettando, firmiamo quello c’è da firmare e portiamoci a casa il cucciolo! Carlo ci spiega le parti del contratto, ci dice di aspettare ancora un po’ per la decisione del cucciolo, in quanto così piccoli non sono ancora visibili alcune caratteristiche della specie; in alcuni elementi sono più accentuate, in altri meno. A me personalmente la cosa non interessa poi più di tanto, ma Giorgio (che non so come ma sembra saperne di più di me, ha passato giorni a studiare la razza) si accorda per un’ulteriore visita dopo circa un mese per definire il tutto. Un mese, altri 30 giorni, non è possibile, ma reale. Carlo ci spiega l’importanza sul fatto che i cuccioli non lascino troppo presto l’Allevamento, quanto sia fondamentale la socializzazione tra loro e i cani adulti, insomma, l’”imprinting”. Nel frattempo tornando a casa, mi sorge un dubbio: ”Prendiamo una femminuccia, vero?!”..e marito e figli all’unisono: “NO, un maschio e si chiamerà Buck!”. Ok d’accordo ci sto, mi avete convinta!

ALASKAN MALAMUTE STORIA DI BUCK

Ottobre non passa più, ci siamo tenuti in contatto con Carlo per sapere se tutto procedeva bene con i piccoli, rimaniamo d’accordo di trovarci per l’ultimo sabato del mese per concludere il tutto, ma soprattutto per scegliere il nostro Buck. Finalmente è venerdì, uno strano malessere mi passa attraverso il corpo, le ore passano e sto sempre peggio,così anche mio figlio. Evviva, ci siamo presi un bel virus, non è possibile, proprio domani che dobbiamo andare a vedere i cuccioli…mi rimpinzo di farmaci ma niente, non passa. Giorgio decide di partire lo stesso con mia figlia più grande. Rimandare di una settimana non è possibile, il lavoro purtroppo non lo permette. Soli col nostro malessere io e mio figlio ci guardiamo un film, “8 amici da salvare”,anche per accorciare un po’ l’attesa. La storia è un po’ strana, in certi punti struggente, ma una frase mi fa saltare sulla sedia:Questo è un Malamute, tutto muscoli niente cervello!” Ma io mi chiedo, chi cavolo dice queste banalità? Va bhe, dai, è solo un film tutto irreale compresa questa assurda affermazione.

Il telefono squilla; ” Fatto, il cucciolo è nostro!”, ”Dimmi dimmi,com’è, quando ce lo danno, ti prego dimmi qualcosa di più!”.”Ne parliamo dopo, sto arrivando” …io lo amo, mio marito, ma a volte lo strangolerei, mi lascia sempre sulle spine…….però è intrigante.

Sento il rumore dell’auto che arriva, mi precipito fuori, il nostro sguardo si intreccia, lui sorride e nei suoi occhi c’è un velo di emozione “Se tutto va come dice Carlo, fra 2 settimane possiamo andare a prenderlo”. ”Che significa se tutto va bene, cosa c’è ancora da aspettare…”. ”Devono finire di fare il ciclo di vaccini, poi devono inserirgli il microchip, altre due settimane gli fanno solo bene a star lì con i suoi fratellini”. Ci risiamo ancora una volta, devo attendere, Giorgio mi racconta che sono tutti cresciuti tantissimo, hanno drizzato le orecchie, sono vivacissimi, ha perfino giocato con loro; bene, adesso so qualcosa di più e sto ancora peggio, lo invidio da morire. Anch’io volevo giocare con loro e vedere com’erano cresciuti, ma diciamo il destino ha voluto così. Gli chiedo come ha fatto a scegliere in mezzo a 4 cuccioli, con quali criteri aveva deciso che Buck era lui. Mi parla di colore, di pelo, di statura, di peso, infine mi dice che è il più simpatico.

Passano i giorni, mi studio per bene come ci si comporta con l’arrivo di un cucciolo, separato da tanti fratelli e dal loro ambiente nativo, e pare non ci siano grossi problemi. Poi chiudo tutti i libri, penso che tutto verrà naturale, che saremo la sua nuova famiglia. Sono sicura che lui lo capirà presto, sentirà di essere amato e questo mi basta per mettermi il cuore in pace. Considerando che si avvicina ottobre, e la stagione si farà più fredda, pensiamo che per il momento è meglio non tenerlo troppo esposto alle intemperie. E’ ancora piccolo. Sotto il portico di casa chiudiamo un angolo con semplici assi da muratore e creiamo così un box provvisorio per lui, in modo che stia riparato e sia sempre sotto la nostra sorveglianza. Così potrà entrare ed uscire quando vuole dalla porta di servizio.

 
Si ringrazia per la collaborazione prestata       www.artefigurativa.eu

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